Il dolore vulvare cronico è un disordine complesso e difficile da trattare, spesso sottovalutato sia dalle pazienti che dagli specialisti. Sotto la definizione di dolore vulvare cronico rientrano:

  • il dolore vulvare persistente, dovuto ad una specifica causa.

  • il dolore vulvare persistente idiopatico, cioè con causa non identificata. In questo caso si parla di vulvodinia.

Il dolore vulvare persistente da causa specifica

Si tratta di un dolore vulvare persistente causato da un determinato fattore, presente contemporaneamente al dolore. Di solito beneficia di terapie antidolorifiche o che ne riescano a eliminare la causa scatenante. Può essere dovuto a:

  • Infezioni – candidosi ricorrenti, herpes genitale e altre patologie infettive.

  • Infiammazioni – lichen planus o dismicrobismi vaginali.

  • Neoplasie – malattia di Paget, carcinoma vulvare.

  • Cause neurologiche – nevralgia erpetica, compressione di radici nervose o altri fattori di origine neurologica.

  • Cause traumatiche – post-partum, da caduta.

  • Iatrogeno – post-operatorio, da chemioterapia.

  • Altre patologie – deficit ormonale ed atrofie vaginali.

Vulvodinia

Viene definita come un dolore vulvare persistente per un periodo superiore a 3 mesi, senza che vi sia una causa identificabile. Ciò che la contraddistingue è il fatto che non è associabile a infezioni, infiammazioni, neoplasie o disordini neurologici. La vulvodinia può essere generalizzata, localizzata o mista; provocata, spontanea o mista. Può essere inoltre di origine primaria o secondaria ad un evento/ patologia. Può presentarsi in forma intermittente, persistente, costante, immediata o ritardata.

Come diagnosticare la vulvodinia?

La diagnosi di vulvodinia è una diagnosi di esclusione. Dunque, è necessario escludere tutte le possibili cause di dolore vulvare cronico prima di arrivare ad una diagnosi certa di vulvodinia.

Anamnesi

Innanzitutto è utile una corretta raccolta di informazioni che tenga conto della durata della sintomatologia dolorosa, della storia medica e chirurgica della paziente, delle allergie e dei precedenti trattamenti vulvari o vaginali. Con tatto e discrezione, lo specialista chiede alla paziente di poter discutere nel dettaglio la sua vita sessuale, in quanto le abitudini sessuali o le sensazioni evocate durante i rapporti potrebbero aiutarlo a comprendere meglio l’origine del dolore.

Ispezione e visita vaginale

Ricorda che non tutte le visite ginecologiche sono uguali! La visita ginecologica alla ricerca della diagnosi di vulvodinia deve presupporre profonde conoscenze dell’anatomia e fisiologia vaginale, oltre che una dimestichezza nell’attivazione dei trigger points vaginali, ovvero quei punti che reagiscono a stimoli tattili e dolorifici in caso di vulvodinia.

Attivazione dei trigger points vulvo-vaginali

dolore cronico e persistente e vulvodinia luigi fasolinoCon un tampone sterile si identificano le zone vaginali da cui scaturisce il dolore, quindi ogni area reattiva viene classificata a seconda della zona e della gravità del dolore, in scala da lieve a moderato a severo. Il rilievo dei trigger points vulvo-vaginali deve presuppore profonde conoscenze di anatomia vaginale. Il tampone viene accostato prima alla porzione interna della coscia, poi alle grandi labbra ed infine al solco interlabiale. Da lì, lo specialista stimola la zona vestibolare a ore 2-4-6-8-10, seguendo la stimolazione in senso orario. Per ogni zona reattiva al dolore ne si classifica la severità annotandola su un diagramma, che costituirà il diario del dolore della paziente, in modo da monitorare – in corso di visite successive – la regressione o progressione della sintomatologia dolorosa.

Esami utili alla diagnosi di esclusione

Tamponi vaginali per ricerca di germi comuni. Tamponi cervicali. Thin Prep ( da preferire a Pap-test convenzionale). HPV DNA test ( non sempre valido ai fini della diagnosi). Vulvoscopia. Biopsia vulvare. Esame muscoloscheletrico ( valutazione di ipercontrattilità/ reattività del muscolo elevatore dell’ano nella sua porzione pubovaginale, del muscolo otturatore interno e dello sfintere uretrovaginale).

Terapia della vulvodinia

1. Misure comportamentali che possono ridurre il dolore e l’irritazione vulvare

Indossare intimo 100% cotone. Evitare di indossare intimo durante la notte, se possibile. Evitare agenti irritanti ( detergenti acidi, profumi, saponi aggressivi). Tamponare l’area vulvare dopo i lavaggi, non strofinare. Applicare agenti emollienti con funzione di idratazione e di barriera ( ad esempio, olio vegetale). Detergere con acqua e poi tamponare con garze o asciugamani sterili dopo aver urinato. Utilizzare lubrificanti natuarli durante i rapporti sessuali.

2. Terapia fisica e riabilitativa

Biofeedback training. Terapia riabilitativa del pavimento pelvico: mobilizzazione interna ed esterna dei tessuti molli vaginali, mobilizzazione miofasciale. Modifiche dietetiche e comportamentali. Accorgimenti nelle abitudini sessuali.

3. Terapia farmacologica

Non esiste una terapia specifica per la vulvodinia e spesso uno o più farmaci in combinazione possono essere consigliati: anestetici locali in dosaggi variabili; preparati a base di estrogeni; preparati a base di corticosteroidi; antidepressivi triciclici; antinfiammatori non steroidei (non sempre validi); iniezioni di anestetico locale; iniezioni topiche di tossina botulinica (buon controllo del dolore).

4. Terapie mini invasive

Stimolazione nervosa elettrica transcutanea.

5. Terapia chirurgica

Si attuano solo quando le terapie riabilitative fisiche, comportamentali, farmacologiche o strumentali hanno condotto ad un fallimento nel controllo del dolore. L’intervento di scelta è la vestibulectomia: consiste in un’escissione chirurgica della porzione vestibolare vaginale, dove si trovano racchiusi in gran parte i trigger points reattivi in caso di vulvodinia.

Raccomandazioni per la diagnosi e il trattamento della vulvodinia

Come ogni condizione patologica subdola e spesso non responsiva a trattamenti farmacologici o riabilitativi, la vulvodinia può influenzare marcatamente la qualità di vita della paziente. I risvolti toccano sicuramente anche la sfera psicologica, in quando spesso il sintomo dolore viene sottovalutato dagli specialisti e considerato quasi come normale per una donna. A volte, è la stessa paziente a considerarsi esagerata nella descrizione della severità dei sintomi e del dolore.

Tutto questo può portare la paziente ad alienarsi, a sentirsi incompresa e non adeguatamente assistita dalle persone che la circondano e dagli specialisti. Per questi eventuali risvolti, l’inquadramento della vulvodinia non va preso alla leggera: infatti, richiederebbe la partecipazione di un team multispecialistico formato da un ginecologo, un consulente sessuale, uno psicologo clinico, un fisioterapista o un’ostetrica esperta nel trattamento delle disfunzioni del pavimento pelvico, oltre che da specialisti nel controllo del dolore.